Il centro storico di Gioia del Colle rappresenta una struttura urbana formalmente unitaria, compatta e rispettosa delle varie individualità urbane. Si è sviluppato attraverso un processo additivo di “brani unitari”, caratterizzati da autonomia di impianto e da intrinseche qualità spaziali e relazionali, risultato di un lento processo di sviluppo morfologico. Il suo aspetto formalmente omogeneo lo connota rispetto alla città moderna.
La morfogenesi del nucleo antico dell’abitato è stata determinata da un processo di avvolgimento al Castello Normanno-Svevo e dalla costituzione di un margine fisico (le mura), sostituito dalla cortina di palazzi ottocenteschi, secondo i princìpi della cultura della città borghese, nuova maschera di quel cuore costituito da un tessuto povero che ancor oggi esiste al suo interno. Il sistema insediativo si è formato con l’aggregazione di tipi edilizi che, distribuendosi casualmente, determinarono una successione di slarghi e tracciati viari irregolari, caratterizzato prevalentemente dalla presenza di archi e di corti dall’architettura modesta addizione di tipologie edilizie a cassero con vani monocellulari (sottano al piano terra e soprano al primo piano).
Va pertanto salvaguardato, recuperato e valorizzato, ponendo in evidenza i singolari aspetti spaziali e di dettaglio, quale memoria storica dei molteplici valori culturali.
Il governo della città si è interessato per ridare valore a tale patrimonio a fasi alterne attraverso processi di pianificazione e interventi di risanamento conservativo che hanno interessato diversi ambiti del centro storico.
Dal punto di vista pianificatorio, nel lontano anno 1988 fu redatto il piano particolareggiato del centro storico. Tale strumento urbanistico: catalogava gli edifici e gli elementi architettonici; prevedeva la viabilità veicolare, l’apertura di nuovi accessi pedonali, il verde pubblico attrezzato, i parcheggi a raso e interrati (in piazza Plebiscito e piazza XX Settembre), gli assi di riqualificazione, gli ambiti di riqualificazione funzionale, un albergo (in via Concezione, angolo corso Vittorio Emanuele), il trasferimento degli uffici pubblici (oggi sede INPS), le residenze, gli edifici a destinazione d’uso pubblica, le norme tecniche di attuazione. Detto piano veniva sottoposto al Comitato Urbanistico Regionale per l’approvazione, il quale con nota del 2.11.1994 richiedeva una più dettagliata documentazione fotografica. Alla luce dell’integrazione il comitato urbanistico esprimeva con verbale n. 21 del 10.4.1997 parere negativo. La bocciatura del piano ha provocato l’accantonamento di ogni iniziativa di regolamentazione particolareggiata da parte delle varie amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni.
Conseguenza ne è stata la progettualità a macchia di leopardo di una serie di macro interventi di riqualificazione da parte dell’ente comunale e una serie di micro abusi edilizi perpetrati dai singoli proprietari.
L’ente comunale ha concentrato l’attenzione sugli spazi aperti del centro storico ed, in particolare, ha riqualificato gli assi viari esistenti, scoraggiando la circolazione veicolare impropria all’interno del tessuto edificato. Tra gli interventi vanno citati quelli di recupero di piazza Rossini, di corso Vittorio Emanuele e strade collegate, di via Carlo III di Borbone, di piazza Livia e largo Scarpetta e strade collegate e quello in corso d’opera su via Garibaldi.
Una sola considerazione viene spontanea circa tali interventi. Sebbene siano auspicabili perché permettono di ricucire parti di territorio con la città moderna, sono sempre stati sottovalutati gli aspetti sociali di tali opere di riqualificazione. Basta citare le polemiche per l’installazione del “volo di Icaro” e relative panche in piazza Rossini nonché per le sedute in piazza Dei Martiri, tutte opere dello scultore Antonio Paradiso. E, ancora, le recenti installazioni di arredo urbano in piazza Livia e largo Scarpetta. E, per finire, le panche in corso di installazione su corso Garibaldi, che, a molti, ricordano delle bare. Forse una cittadinanza informata delle progettualità avrebbe permesso di migliorare l’impegno della macchina comunale.
Per quanto riguarda il privato, la sua opera nei riguardi del nucleo antico della città è stata, a vista d’occhio, tendente al raggiungimento di migliori condizioni abitative personali ma, evidentemente, non rispettosa dei caratteri storico-tipologici consoni a tale contesto. Forse l’impegno delle varie amministrazioni doveva essere quello di attuare un sistematico controllo dell’esistente per valutarne la legittimità e la rispondenza alle scarne norme tecniche di attuazione vigenti. Per il futuro, sarebbe auspicabile riprendere in considerazione una regolamentazione particolareggiata con particolare riguardo alle modalità di recupero e alle coloriture esterne da regolamentare con un’apposito piano del colore.
Se qualche passo verrà mosso non avremo la totale distruzione dei valori ambientali e storici del luogo ma, al contrario, un’armonica struttura pienamente vitale.
La morfogenesi del nucleo antico dell’abitato è stata determinata da un processo di avvolgimento al Castello Normanno-Svevo e dalla costituzione di un margine fisico (le mura), sostituito dalla cortina di palazzi ottocenteschi, secondo i princìpi della cultura della città borghese, nuova maschera di quel cuore costituito da un tessuto povero che ancor oggi esiste al suo interno. Il sistema insediativo si è formato con l’aggregazione di tipi edilizi che, distribuendosi casualmente, determinarono una successione di slarghi e tracciati viari irregolari, caratterizzato prevalentemente dalla presenza di archi e di corti dall’architettura modesta addizione di tipologie edilizie a cassero con vani monocellulari (sottano al piano terra e soprano al primo piano).
Va pertanto salvaguardato, recuperato e valorizzato, ponendo in evidenza i singolari aspetti spaziali e di dettaglio, quale memoria storica dei molteplici valori culturali.
Il governo della città si è interessato per ridare valore a tale patrimonio a fasi alterne attraverso processi di pianificazione e interventi di risanamento conservativo che hanno interessato diversi ambiti del centro storico.
Dal punto di vista pianificatorio, nel lontano anno 1988 fu redatto il piano particolareggiato del centro storico. Tale strumento urbanistico: catalogava gli edifici e gli elementi architettonici; prevedeva la viabilità veicolare, l’apertura di nuovi accessi pedonali, il verde pubblico attrezzato, i parcheggi a raso e interrati (in piazza Plebiscito e piazza XX Settembre), gli assi di riqualificazione, gli ambiti di riqualificazione funzionale, un albergo (in via Concezione, angolo corso Vittorio Emanuele), il trasferimento degli uffici pubblici (oggi sede INPS), le residenze, gli edifici a destinazione d’uso pubblica, le norme tecniche di attuazione. Detto piano veniva sottoposto al Comitato Urbanistico Regionale per l’approvazione, il quale con nota del 2.11.1994 richiedeva una più dettagliata documentazione fotografica. Alla luce dell’integrazione il comitato urbanistico esprimeva con verbale n. 21 del 10.4.1997 parere negativo. La bocciatura del piano ha provocato l’accantonamento di ogni iniziativa di regolamentazione particolareggiata da parte delle varie amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni.
Conseguenza ne è stata la progettualità a macchia di leopardo di una serie di macro interventi di riqualificazione da parte dell’ente comunale e una serie di micro abusi edilizi perpetrati dai singoli proprietari.
L’ente comunale ha concentrato l’attenzione sugli spazi aperti del centro storico ed, in particolare, ha riqualificato gli assi viari esistenti, scoraggiando la circolazione veicolare impropria all’interno del tessuto edificato. Tra gli interventi vanno citati quelli di recupero di piazza Rossini, di corso Vittorio Emanuele e strade collegate, di via Carlo III di Borbone, di piazza Livia e largo Scarpetta e strade collegate e quello in corso d’opera su via Garibaldi.
Una sola considerazione viene spontanea circa tali interventi. Sebbene siano auspicabili perché permettono di ricucire parti di territorio con la città moderna, sono sempre stati sottovalutati gli aspetti sociali di tali opere di riqualificazione. Basta citare le polemiche per l’installazione del “volo di Icaro” e relative panche in piazza Rossini nonché per le sedute in piazza Dei Martiri, tutte opere dello scultore Antonio Paradiso. E, ancora, le recenti installazioni di arredo urbano in piazza Livia e largo Scarpetta. E, per finire, le panche in corso di installazione su corso Garibaldi, che, a molti, ricordano delle bare. Forse una cittadinanza informata delle progettualità avrebbe permesso di migliorare l’impegno della macchina comunale.
Per quanto riguarda il privato, la sua opera nei riguardi del nucleo antico della città è stata, a vista d’occhio, tendente al raggiungimento di migliori condizioni abitative personali ma, evidentemente, non rispettosa dei caratteri storico-tipologici consoni a tale contesto. Forse l’impegno delle varie amministrazioni doveva essere quello di attuare un sistematico controllo dell’esistente per valutarne la legittimità e la rispondenza alle scarne norme tecniche di attuazione vigenti. Per il futuro, sarebbe auspicabile riprendere in considerazione una regolamentazione particolareggiata con particolare riguardo alle modalità di recupero e alle coloriture esterne da regolamentare con un’apposito piano del colore.
Se qualche passo verrà mosso non avremo la totale distruzione dei valori ambientali e storici del luogo ma, al contrario, un’armonica struttura pienamente vitale.
Nunzio Loporcaro
pubblicato sul periodico locale La Piazza, n. 1, gennaio-febbraio 2010
www.la-piazza.it/giornale.html
pubblicato sul periodico locale La Piazza, n. 1, gennaio-febbraio 2010
www.la-piazza.it/giornale.html
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