lunedì 16 maggio 2011

Piano Urbanistico Generale di Gioia del Colle: situazione al palo



Il Piano Urbanistico Generale (PUG) di Gioia del Colle, una nuova visione della città, per garantire un ordinato assetto del territorio, è da due anni in fase di standby. Un tema che la politica locale trascura forse perché condizionata da pressioni latenti e da una concezione errata circa le lungaggini del percorso progettuale.

Nel nostro Comune vige un Piano Regolatore Generale (PRG), approvato, in via definitiva, con decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 1257 del 23.5.1977, adottato dal civico ente, sotto gestione commissariale, a far data dal 14.7.1972, e concepito a cavallo tra gli anni sessanta e settanta. Un piano regolatore che è oggi, a distanza di oltre trent’anni, molto lontano dalle attese. Lo sviluppo urbano è stato povero di un disegno sistematico dello spazio pubblico e della realizzazione degli standard urbanistici, minima dotazione quantitativa in termini di servizi collettivi, che sono rimasti solo sulla carta, per l’incapacità di attuare un programma che accanto all’espansione avrebbe garantito il miglioramento della qualità della vita.

La situazione urbanistica di Gioia del Colle appare, ormai, senza via di uscita. Il PUG, che dovrebbe riportare la visione su una strada giusta, è fermo al “sistema delle conoscenze”, in altre parole all’analisi urbanistica del territorio all’attualità. Non è in corso la costruzione di una bozza di piano condivisa, perché la cittadinanza non è informata da febbraio 2009 e quindi manca il fondamentale “processo partecipativo” alla base della pianificazione moderna.

Ci si ritrova nella condizione che la pianificazione comunale non ha rispettato l’evolversi della tecnica urbanistica e della normativa sovra ordinata. Ne conseguono una serie di problematiche interpretative che sono la “croce edilizia” di questa città, per le tante ferite che si stanno infiggendo al sistema urbano, che graveranno pesantemente sullo sviluppo urbano futuro.

L’equilibrio biologico tra uomo e ambiente, per assicurare una migliore qualità di vita, non è garantito dalla pianificazione vigente che non coordina i volumi e non risponde in maniera adeguata ai valori identitari della società. Lo sviluppo edilizio non è inteso come un complesso di elementi che, come un organismo naturale, costituiscono relazioni e finalità utili alla collettività. Le attrezzature di quartiere non sono intese come un prolungamento della cellula residenziale.

Sembra utopico pensare che un giorno si potranno avere norme capaci di orientare le menti e di indicare la direzione giusta per le innumerevoli decisioni, piccole e grandi, da prendere giorno per giorno fino a quanto le realtà tecniche enunciate nei piani non saranno finalmente realtà.

Non è lecito impedire che nascano e si sviluppino organismi rispondenti a nuovi bisogni delle funzioni, ma si ha diritto di esigere che le soluzioni proposte rientrino in una visione d’insieme della città.

Per dirla alla Le Corbusier “l’architettura e l’urbanistica sono lo specchio fedele d’una società; gli edifici ne sono i documenti più rivelatori”.

Nunzio Loporcaro
la Piazza, n. 2 - marzo-aprile 2011

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