giovedì 13 maggio 2010

Punta Perotti, la Cassazione: i suoli possono essere restituiti


«A questo punto devo augurarmi di vivere almeno cent’anni per sapere come finirà una vicenda in cui noi non abbiamo commesso alcun reato. L’ultima speranza è la pronuncia della Corte di Strasburgo che spero possa concretizzarsi al più presto. Il danno subito per l’abbattimento di Punta Perotti deve essere risarcito: le regole sono state rispettate». Michele Matarrese, presidente del gruppo edile Salvatore Matarrese spa, commenta così la decisione della Corte di Cassazione che martedì scorso ha annullato l’ordinanza con la quale il giudice Marco Guida, a ottobre 2009, ha rigettato il ricorso presentato dalla presidenza del Consiglio dei ministri (difesa dall’avvocatura dello Stato) per revocare la confisca dei suoli e degli immobili disposta dalla Cassazione il 29 gennaio 2001. Questo per dare seguito al decreto anticrisi, convertito in legge, che determina i criteri di liquidazione del danno ai costruttori degli edifici partendo dalla restituzione ai proprietari dei suoli su cui sorgeva il complesso edilizio.
Il gip di Bari aveva rigettato la richiesta di revoca del provvedimento di confisca perché «non può competere ad un soggetto estraneo rispetto al procedimento che ha portato al provvedimento ablato». Il riferimento, perciò, è alla presidenza presidenza del Consiglio dei ministri. Ma la Cassazione si è espressa diversamente annullando la decisione del gip rinviando la discussione al tribunale di Bari per trovare una soluzione concordata tra le parti. Anche partendo dall’analisi delle motivazioni della sentenza che saranno pubblicate nei prossimi giorni. «A noi — prosegue Matarrese — non interessa come il governo intenda onorare alla sentenza di Strasburgo. Crediamo, invece, che sia giunto il momento di ristabilire la legalità con un ristoro che attendiamo da tanto tempo».
Matarrese, a seguito delle decisioni delle giustizia italiana, avevano provveduto ad avviare una causa presso la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che il 20 gennaio 2009 ha condannato lo Stato italiano definendo la confisca dei suoli «un’operazione in violazione del diritto alla proprietà privata». Poi l’obbligo, che sorge in capo al governo, di avviare un’azione risarcitoria. Per i suoli e gli immobili facenti capo a Sud Fondi della famiglia Matarrese, Iema di Quistelli e Mabar di Andidero le società coinvolte hanno chiesto allo Stato un assegno di 350 milioni (Sud Fondi 274; Iema 14; Mabar 62). Con la sentenza del Cedu era stato fissato il termine di 6 mesi per giungere alla liquidazione. «È trascorso quasi un anno e mezzo — spiega Matarrese — anche per richieste di proroga effettuate dal governo». L’ultima, in ordine cronologico, scadeva l’11 maggio in attesa della sentenza della Cassazione.


Vito Fatiguso
Corriere del Mezzogiorno (online), 13 maggio 2010

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