Oltre il passaggio a livello della linea ferroviaria Bari-Taranto, a ridosso di via Paolo Cassano e della trasversale via Lagomagno, si è sviluppato un quartiere residenziale scollato dal resto della città. La barriera fisica, costituita dal passaggio a livello di via Dante, ha determinato un suburbio, appendice della città consolidata, dove è difficile rintracciare l’effetto urbano. A distanza di poco più di un ventennio dalla sua costituzione la zona, detta comunemente di “via per Santeramo”, è priva di quelle attrezzature urbane che connotano un quartiere residenziale. Non è prevalsa negli anni la logica del quartiere satellite indipendente quanto la mera aggregazione di edifici. Con il passare degli anni la zona sembra impoverirsi di quei servizi essenziali. Basterebbe ricordare il campo di calcio, che ora è stato inglobato in una struttura alberghiera, oppure il supermercato Upim, che per anni aveva assunto il ruolo di attrattore della zona.
Il quartiere avrebbe dovuto rappresentare il punto di riferimento della città considerando la presenza di diversi monumenti dell’archeologia industriale quali la distilleria “Paolo Cassano”, il mulino “Enrico Pagano e figlio Luigi” e il pastificio “Alfredo Pagano”. Riqualificando i locali della distilleria nei pressi di via Lagomagno, per l’insediamento di un centro a servizio dei sistemi produttivi locali, e i locali nei pressi del casello autostradale, da destinare a museo del vino, si doveva dare forma a quell’idea di una riconversione, in chiave moderna, di questi complessi industriali caduti in disuso, a beneficio degli abitanti nella zona. Allo stato attuale non si è registrato alcun miglioramento della qualità della vita e si evidenzia una stagnazione del relativo mercato immobiliare. Infatti, la vertenza in corso per la chiusura dei passaggi a livello ha determinato un’evidente incognita sullo sviluppo futuro del quartiere. L’attività edilizia della zona potrebbe far pensare, invece, che la problematica dell’attraversamento ferroviario sia secondaria ma certamente non è rapportabile a quanto doveva realizzarsi nelle previsioni di un piano regolatore che destinava tale zona anche ad attività direzionali e commerciali, considerata la presenza di infrastrutture viarie tra cui la rete ferroviaria e autostradale. Oggi di direzionale e commerciale non si ha più traccia. Gli uffici pubblici sono solamente quelli provinciali del centro impiego (ex collocamento) e quelli della comunità montana (in fase di liquidazione). Non vi è mai stato un ufficio postale, un asilo, un’area mercatale, un decentramento comunale, una fermata degli autobus. Vi sono tanti locali terranei dalle serrande chiuse, forse mai usati, a indicare un destino ormai deciso.
La marginalizzazione del quartiere è così marcata che l’amministrazione comunale, con delibera di giunta n. 70 del 26.3.2002, ha pensato di promuovere un’apposita società di trasformazione urbana per la sistemazione delle aree di pertinenza dell’ex distilleria che parte dell’uliveto adiacente e termina con la linea ferroviaria Rocchetta S. Antonio-Santeramo e la strada Paolo Cassano. Tale società pubblico-privata, a oggi non è ancora stata costituita poiché fermi allo studio di fattibilità.
Oggi più che mai è importante ripensare la città in termini eco-sostenibili, puntando sullo spazio pubblico anche in modo da dare qualità a quel tessuto urbano che è stato oggetto di un’edilizia spesso selvaggia, trasformando gli spazi introducendo parchi urbani e luoghi dedicati alla condivisione e alla socialità.
Nunzio Loporcaro
pubblicato sul periodico locale La Piazza, n. 3, maggio-giugno 2010
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