giovedì 28 luglio 2011

Una sentenza blocca il parco della Fibronit


I 5 ettari della Fibronit non possono essere trasformati in area a verde: anche se lì c'era una fabbrica che ha causato centinaia di morti, questo non giustifica l'«esproprio» di cubature ai danni del proprietario dei suoli. Per questo motivo il Tar di Bari ha annullato la delibera con cui la Regione nel 2009 ha approvato la variante al piano regolatore, adottata dal consiglio comunale nel 2005. Una bocciatura pesantissima, perché di riflesso blocca il progetto di bonifica della vecchia fabbrica di amianto.

Di più: oltre a far tornare edificabile l’area, la conseguenza naturale di questa sentenza (se confermata in appello) potrebbe essere un altro maxirisarcimento a carico del Comune. A rivolgersi ai giudici amministrativi è stata l’Immobiliare Spezzati, un imprenditore di Foggia che 15 anni fa ha acquistato i suoli dalla Fibronit (di cui era proprietario). I suoli su cui sorgeva la fabbrica erano stati confiscati nel corso del procedimento penale, ma la Cassazione li ha restituiti a Spezzati: e il nuovo proprietario (con l’avvocato Aldo Loiodice) si è rivolto al tribunale amministrativo sostenendo di aver saputo dell'approvazione definitiva della variante solo attraverso una precedente sentenza del Tar.
I giudici (sentenza 1149/2011, seconda sezione, presidente Pasca) hanno riconosciuto che la Regione, omettendo di informare i proprietari del suolo dell'imminente approvazione della variante, ha fatto venir meno i termini previsti dalla legge per impugnare le varianti urbanistiche: proprio perché il proprietario dell’area è uno solo, la pubblica amministrazione non poteva invocare la «presunzione di conoscenza» del procedimento che di solito si applica quando i suoli sono divisi tra una moltitudine di persone. La sentenza, come detto, cancella la delibera della giunta regionale (quindi non quella iniziale del Comune).

Insomma è la Regione ad aver sbagliato le procedure: «Non poteva non configurarsi un onere di notificazione specifica - è infatti detto insentenza - a maggior ragione perché l'area era interessata da un precedente progetto lottizzativo e, comunque, perché era stata già proposta impugnativa avverso la delibera di adozione della variante stessa». In più, hanno osservato i giudici amministrativi, quando si riserva un’area da destinare a standard urbanistici (come lo è ad esempio un parco) bisogna rispettare i principi perequati vi: insomma, l’onere di cedere suoli per l’uso pubblico non può essere posto a carico di un unico proprietario. Per questo, secondo il Tar è «illegittima» la «concentrazione» di quegli standard «in un'unica area, facente capo ad un solo proprietario, che venga in conseguenza privata di qualsiasi prospettiva di proficua utilizzazione».

Il punto è proprio questo. Ai primi anni 2000 (era sindaco Di Cagno Abbrescia) Fibronit presentò un progetto di lottizzazione impegnandosi alla bonifica del suolo: il Comune non ha nemmeno risposto. Spezzati, che è subentrato a Fibronit, secondo il Tar ha tutto il diritto a costruire. E - come minimo - chiederà al Comune un risarcimento pari al costo dell’a re a , circa 10 miliardi di lire dell’e poca. La variante per rendere inedificabile la Fibronit fu, nel 2005, uno dei primi atti da sindaco di Michele Emiliano. E adesso anche questa delibera, come quella che trasformava in un parco Punta Perotti, è stata cancellata dai giudici. Stavolta però - al netto dei ricorsi al Consiglio di Stato - deve intervenire la Regione: via Capruzzi dovrà ripetere l’iter di approvazione della variante rispettando i paletti imposti dal Tar (informare Spezzati e applicare la perequazione). Se questo sarà possibile, la variante potrà essere ri-approvata. In caso contrario, la Regione dovrà respingerla e il Comune dovrà ricominciare tutto da capo.

fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno del 28.07.2011

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