martedì 9 marzo 2010

«Viaggio ai margini della città», dal 10 marzo a Napoli personale di Fabio Testa


Attraverso una pittura surreale dove la realtà immaginata appare immobile e sospesa, l’artista Fabio Testa racconta il “Viaggio ai margini della città”, titolo esplicativo della mostra che si inaugura il 10 marzo alle ore 18,00 a La Maditerranea Arte, in via Carlo de Cesare 60 a Napoli. I dipinti in mostra sono scorci quotidiani realizzati olio su tela, che analizzano la realtà da differenti punti di osservazione, fino a rivelare la tangibile esperienza dello spazio e il comune modo di appartenergli.
Cosi le opere raccontano con segni e colori, come è possibile vivere in modo etereo e senza soluzione una continuità e contiguità spazio-temporale, legata al passato, e al futuro, sebbene i diversi momenti siano vicini quanto lontani. Gli ambienti urbani colorati catturano l’attenzione del visitatore spesso troppo distratto, per soffermarsi sul dettaglio. Nei lavori si rendono visibili fenomeni oggettivi che in condizioni normali sfuggono alla percezione. L’uomo è il vero protagonista delle opere, celato dietro ciò che quotidianamente lo circonda.
Lo spazio raffigurato comunica solitudine con le strade e le periferie industriali ridotte all’essenziale. La contemporaneità ci permette di vedere in controluce il destino oscuro della città. Con la pittura il giovane artista napoletano mette a confronto l’architettura di alcune periferie di città per approfondire la sua ricerca sulla natura e lo sviluppo dell’identità.
Una vera e propria indagine sulle metropoli che si assomigliano un po’ ovunque, e dove paesaggi urbani si riconoscono nel destino delle proprie sedimentazioni, divenute nel tempo accumuli e stratificazioni. Luoghi simili dove il passato e il presente, ma anche il futuro sembrano coincidere, ma dove infondo le stesse storie cambiano continuamente, non sono mai uguali, piuttosto il risultato del fluire della vita.
«L’immagine di una città-racconta Testa-è intrappolata da due forze, tra la figura inevitabile dell’identità e la solida realtà di un volume che è metafora tangibile dell’avanzare minaccioso e compatto di un universo ostile come immagine definita che divora la nostra stessa presenza».
L’artista si sofferma su strutture di utilità sociale, con particolare attenzione alle tecniche costruttive tradizionali e alla tematica della sostenibilità ambientale. Ecco dunque, che con la sottrazione dei segni, intende mettere in discussione sia l’illusione del volume, eliminando il superfluo visivo, sia la materializzazione della stessa identità, che sottopone minacciosa l’individuo, come un vero e proprio sedimento della demarcazione psichica e sensibile, opprimendo lo spazio vitale.

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