Rileggere le considerazioni riguardanti i sei quartieri gioiesi equivale a rivivere un viaggio alla Le Corbusier dove analizzare il territorio serva da punto di partenza per future prospettive di studio e sviluppo. L’indagine propone un possibile volto della città, le sue dicotomie, i punti di forza e di debolezza. In particolare: “Giù alle Croci” è il quartiere del divertimento e dello shopping; il centro storico è la memoria storica dimenticata con frammenti di riqualificazione; il rione della chiesa dell’Immacolata è diviso tra zona di completamento e zona di espansione; oltre il passaggio a livello si è a contatto con l’archeologia industriale; il quartiere della chiesa di San Vito è caratterizzato da residenza e servizi sportivi; la zona della chiesa di Santa Lucia è il salotto della città.
Il territorio urbano è stato indagato dal punto di vista morfologico e ambientale attraverso l’analisi del sistema insediativo, con attenzione rivolta allo spazio aperto, alle aree marginali, alla dotazione di servizi e di infrastrutture.
L’analisi ha anche evidenziato la strumentazione urbanistica vigente e quella che, a oggi, non è stata approntata. Si passa dal piano regolatore generale, con annesso regolamento edilizio, ai vari piani particolareggiati, piani di lottizzazione, piano di recupero urbano, programma integrato di rigenerazione urbana, progetti di finanza. Un’infinità di piani che dovrebbero regolare l’assetto ordinato del territorio. Costruire residenze, garantendo la dotazione minima inderogabile di servizi.
Assistiamo invece a un surplus residenziale. Nelle zone di completamento abbiamo la sempre più frequente demolizione di fabbricati, con sagome e volumetrie controllate, per l’edificazione di appartamenti a vendere. Nelle zone di espansione si realizzano nuovi brani edificati scollati dal resto della città, idealmente recintati se non lo sono stati fisicamente.
Il sistema della variante al piano regolatore, un disegno concepito a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, per una città da trentamila abitanti molto ben lontana da quella da tre milioni di Le Corbusier, serve ad affrontare le esigenze e le emergenze contingenti alla maniera di un pronto soccorso ospedaliero. L’urbanistica a servizio delle scelte politiche. La politica che, secondo la legislazione urbanistica regionale, dovrebbe limitarsi a operare secondo quel disegno strutturale oppure dovrebbe coinvolgere i cittadini amministrati in un nuovo condiviso scenario programmatico.
Ultimo esempio, di tale strategia politica a macchia di leopardo, il progetto per la realizzazione della nuova area mercatale. Con tutta evidenza il disegno della città non localizzava un’area o un sistema areale, dove svolgere le attività mercatali. Infatti, negli anni sessanta-settanta esisteva in piazza Plebiscito l’edificio che ospitava il mercato coperto, mentre il mercato giornaliero si svolgeva per strada. I progettisti del piano regolatore non avevano previsto, la classe politica e la città non avevano richiesto.
Dalle contingenze dovrebbe maturare la consapevolezza che una città in divenire senza un’idea guida subirà, alla fine, un tracollo d’identità.
E’ allora necessario realizzare dei momenti di riflessione, allargata alle componenti della città, riguardo ai problemi che i contesti stessi denunciano, per generare spazi significanti e significativi e per contribuire a costruire senso di appartenenze e identità ai luoghi.
Nunzio Loporcaro
pubblicato sul periodico locale La Piazza, n. 6, novembre-dicembre 2010
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