domenica 30 novembre 2008

IN EDICOLA / La Piazza, bimestrale di informazione di Gioia del Colle, Sammichele di Bari e Acquaviva delle Fonti (n. 6/2008)



Sommario de La Piazza di Gioia del Colle

Pag. 31

  • Le piste ciclabili si tingono di … giallo! (Donato Stoppini)
  • Si persergue l'interesse pubblico o privato (Donato Stoppini)

Pag. 32

  • PD e questione di morale (Enzo Cuscito)
  • Piazza Pinto: punto e a capo (Nunzio Loporcaro)

Pag. 33

  • Studenti dell'ITIS alla Bosch (Dalila Bellacicco)
  • L'abbraccio di Rosanna (Olimpia Riccio)
  • La speranza è l'ultima a morire (Anna Romano Fasano)

Pag. 34 - rubrica Curiosando (Donato Stoppini)

  • Il passaggio a livello ci costerà caro!
  • I socialisti colpiscono ancora
  • La saga delle condanne patteggiate
  • Incarta la carta: un concorso da rivedere
  • Sterilizazione cani: paura di far nomi?

Pag. 35

  • Futuro strategico "condiviso" di Gioia del Colle (Nunzio Loporcaro)
  • Rotary verso il futuro (Dalila Bellacicco)
  • Circolo Unione tra estetica e letteratura (Dalila Bellacicco)

Pag. 36

  • Oro e Argento, mostra di Angelo Fornaciari (Dalila Bellacicco)
  • Sarah Morris e Dominic Miller (Dalila Bellacicco)

Pag.37

  • La quercia del Corvello (Dalila Bellacicco)
  • Pasquale Lippolis (Dalila Bellacicco)

Pag.38

  • Versi Scomodi in Metropolis (Dalila Bellacicco)
  • "Amal" di Anita Piscazzi (Dalila Bellacicco)

Pag. 39

  • Volontariato? Sì, grazie! (Annamaria Castellana)
  • Martino e la luna (Marisa D'Elia)

Pag. 40

  • Cronache dal passato (Domenico Paradiso)
  • Teatro Rossini: che Musica! (Dalila Bellacicco)

Pag.41

  • Gioia sportiva cambia look (Giuseppe Leronni)
  • Nava Gioia in ripresa (Giuseppe Leronni)
  • Calcio Gioia: un avvio promettente (Giuseppe Leronni)

venerdì 28 novembre 2008

CURIOSITA' / Piaggio: "Ape" compie 60 anni, la storia d'Italia su 3 ruote


PONTEDERA - Il Gruppo Piaggio festeggia il 60/mo anniversario dell'Ape, veicolo che ha fatto la storia dello sviluppo economico italiano e che oggi - grazie alla produzione negli stabilimenti Piaggio di Pontedera e di Baramati in India - è diffuso a livello internazionale, sia nei Paesi europei sia nei mercati emergenti dell'Asia. Per due giorni, domani e domenica 30 novembre, Pontedera sarà teatro dei festeggiamenti con una mostra fotografica al Museo Piaggio, un'esposizione di Ape storici, raduno e sfilata di collezionisti e appassionati con i propri 'tre ruote', e una grande Caccia al Tesoro, che si svolgerà naturalmente su Ape.
Entrato in produzione nel 1948, due anni dopo la Vespa, Ape fa oggi parte della gamma di Piaggio Veicoli Commerciali, nuova Divisione del Gruppo Piaggio guidata da Franco Fenoglio. "Festeggiamo un vero e proprio 'mito su tre ruote', nato sessanta anni fa dall'intuizione di Corradino D'Ascanio, che già aveva rivoluzionato la mobilità individuale inventando la Vespa", afferma Franco Fenoglio. "Ape, oltre ad avere una simpatia unica - aggiunge -, è un prodotto di successo, un veicolo conosciuto in tutto il mondo, un compagno di lavoro dalla versatilità senza pari.
E oggi, dopo due milioni di unità vendute solo in Europa, Ape costituisce ancora uno dei prodotti di riferimento per il Gruppo Piaggio". Ape nasce da una costola della Vespa, per un'intuizione di prodotto di Enrico Piaggio e Corradino D'Ascanio, e comincia ad essere commercializzata nel 1948, costo 170 mila lire. Il primo Ape conserva della Vespa - pur nella sua struttura a tre ruote - tutte le caratteristiche fondamentali. Nell'estate del 1952 viene aumentata la potenza - l'Ape cresce anche nella cilindrata che passa da 125 a 150 cc - e di pari passo aumenta anche la portata, che fino ad allora era stata di solo 200 chili.Oggi, dopo quasi 2 milioni di unità vendute solo in Europa Ape costituisce ancora uno dei prodotti di riferimento per il Gruppo Piaggio. Ogni anno più di 10.000 Ape escono dagli stabilimenti di Pontedera per lavorare sulle strade di tutta Europa. Ogni anno sono prodotti per il mercato indiano ed asiatico più di 150.000 Ape, e Piaggio (che ha registrato una straordinaria crescita della propria produzione indiana, pari a 35.000 veicoli cinque anni fa) è leader assoluto del mercato indiano delle 3 ruote.
Ansa.it - 2008-11-28 17:29

mercoledì 26 novembre 2008

martedì 25 novembre 2008

DAI GIORNALI / A Milano prove tecniche per il ‘social housing’



Tremilaquattrocento appartamenti. Nuovi, dignitosi, con un vicinato che non metta a prova la capacità di sopravvivenza dei più miti come succede nelle peggiori periferie, E destinati a circa 15mila cittadini dell’unico ceto in vera espansione demografica di Milano: quelli troppo poveri per affittare o comprare col mutuo un alloggio a prezzi di mercato, e non abbastanza poveri per accedere alle case popolari. Giuseppe Guzzetti, il presidente di Fondazione Cariplo e Acri che dell’impiego della finanza etica per fare edilizia sociale ha fatto una lunga battaglia, spiega: «Giovani coppie, anziani, studenti, ceto medio: oggi la fascia di persone in difficoltà che non riesce ad avere accesso ad abitazioni dignitose è sempre più ampia. Il problema è certo una priorità a Milano, ma è giusto dire che riguarda tutta Italia».
Per quel ceto, almeno sulla carta, il piano del Comune di Milano, della Regione e della Fondazione Housing sociale della Cariplo che per buona parte se ne fa regista e garante, è una rivoluzione. Copernicana addirittura, rispetto alla lunga fase dei "grandi progetti" cittadini, le celebri e griffate distese di palazzi di lusso e grattacieli d’uffici ormai in fase avanzata: stavolta si parte da una fame, a Milano, di almeno 40mila alloggi. Poi si cerca l’ingegneria finanziaria e politica per quadrare il cerchio, visto che quella fame è del tutto insaziabile ai prezzi di mercato.
Nel caso del fondo "Abitare 1" della fondazione Cariplo, intervengono investitori istituzionali volonterosi che accettano la promessa di un ritorno pari al 2% più inflazione: banche, Cassa depositi e prestiti, imprese di tradizione sociale, Regione, per un totale di 85 milioni spalmati su tre aree da edificare, circa 100mila metri quadrati per 6700 alloggi, 100% di affitto a canone calmierato per trent’anni sui 70 euro al metro quadro (quando a Milano non si va mai sotto i 100). E in più una funzione che la finanza etica rivendica con forza studi preliminari attenti sulla composizione demografica, economica, etnica prevista, per immaginare i servizi più utili e soluzioni che "facciano comunità". Per dire, se ci si aspettano molte coppie con l’ambizione di far figli, asilo nido sovradimensionato e spazi commerciali offerti preferibilmente a chi vende prodotti per bambini, anziché a sale corse o jeanserie.
Secondo una battuta che circola, una specie di "finanza Tafazzi", benché nobilissima e necessaria: e infatti gli stessi protagonisti considerano quell’accordo col Comune di Milano siglato nel dicembre 2005 un protocollo sperimentale «non automaticamente replicabile», come dice Carlo Cerami, consigliere Cariplo delegato per l’housing sociale: «Un episodio importante e non isolato, ma che prevede alle spalle un fondo etico, fatto di investitori particolari per cultura e dimensioni di impegno che non si trovano facilmente». Tanto che la seconda tranche del piano social housing milanese, 8 aree periferiche per oltre 200mila metri quadri e 1700 alloggi, sarà piuttosto diverso: 30 milioni messi dalla Regione e 20 dal Comune servono a ridurre di circa un punto il costo del denaro attinto alle banche per i privati che si impegnano nell’impresa sociale. La fondazione Cariplo non ci mette risorse ma solo studio e consulenza nella negoziazione. E meno stretti finiranno per essere i vincoli sociali dei progetti: ci sarà una quota di edilizia libera per rimunerare in parte quella convenzionata, il 25 per cento d’affitto e il 75 in vendita.
I termini di gara per il progetto del fondo etico si sono chiusi da una settimana, entro l’anno ci sarà l’assegnazione e nessuno si aspetta sorprese: il fondo "Abitare 1" è l’unico candidato plausibile. Per le altre 11 aree milanesi, invece, i termini sono a fine dicembre e ci sono più incognite: altre gare del genere (una a Bologna nel maggio 2007) sono andate deserte. Ma Carlo Cerami inclina all’ottimismo: «Ci sono segnali addirittura sorprendenti, imprese private e cooperative intenzionate a competere, almeno per le aree più attraenti fra quelle in campo». Sarà che la crisi, almeno in qualche caso, ha i suoi vantaggi: «Da un lato prosegue Cerami rende accettabili percentuali di utile che prima non sarebbero neppure prese in considerazione, dall’altra moltiplica la domanda di edilizia sociale, mettendola al centro dell’attenzione delle manovre anticrisi. Si vede anche da quest’ultima, che consolida la svolta a favore dell’edilizia sociale contenuta già nella finanziaria del governo Prodi». Giuseppe Guzzetti non nasconde l’orgoglio: «Fondazione Cariplo e altre fondazioni di origine bancaria hanno messo a punto un modello che ha dimostrato di poter funzionare. Il piano casa del Governo del resto è stato più volte esplicitamente riferito a queste nostre esperienze».
Maurizio Bono
da Repubblica.it, supplemento affari e finanza, del 24.11.2008

domenica 23 novembre 2008

QUESTA SERA IN TV / Speciale Tg1, RaiUno ore 23.25, FAME DI CASA


FAME DI CASA
di Marco Bariletti e Marisilvia Santilli
La fame degli alloggi. Affitti alle stelle, rate del mutuo impossibili, liste infinite per l’assegnazione delle case popolari. Un viaggio di Speciale TG1 nell’Italia 2008, tra i container di Palermo, le case sfitte di Milano, gli abusivi di Roma, nel mondo del credito e in quello delle agenzie immobiliari.

venerdì 21 novembre 2008

DAL WEB / Per le compravendite c'è il rischio di un eccesso di offerta di nuovo


L’ufficio studi Ubh ha elaborato i dati raccolti sino alla fine di giugno 2008 dai primi 30 Comuni capoluogo italiani: alla fine del primo semestre 2008 il mercato immobiliare residenziale italiano ha mostrato una significativa correzione degli scambi e dei prezzi al ribasso. In particolare, i prezzi delle abitazioni usate (le dinamiche analizzate sono riferite ai prezzi di vendita di abitazioni usate in buono stato, che non necessitano di una totale ristrutturazione) hanno subito un calo medio a livello nazionale pari al -7%. Tali rilevazioni mostrano che il processo di riassestamento dei prezzi sul mercato è ormai iniziato nelle macro aree urbane semicentrali e periferiche di tutti i principali Comuni capoluogo, mentre nei centri e nelle zone di pregio i prezzi restano in una fase di stagnazione.
Tengono maggiormente i valori le nuove costruzioni grazie anche al fatto che l’offerta, ad eccezione di alcune aree soprattutto del Centro Italia, sia ancora inferiore rispetto alla domanda. La crescita zero dei valori significa ovviamente un calo in termini reali, almeno del 3,5%. Sempre sul fronte dei prezzi, le città che hanno subito un maggiore calo nel primo semestre 2008 sono Napoli e Palermo (-9%), a conferma del trend del primo trimestre, seguite da Roma (-8,3%) e Milano (-8%), anche loro già in leggero calo nel primo trimestre. Torino, ancora in positivo a marzo 2008, vede i prezzi calare in media del 6% circa come Bologna, Genova, Firenze e Catania.
Le stime elaborate a livello nazionale, relative al primo semestre 2008, danno una contrazione degli scambi di abitazioni compresa in un range fra il -13% ed il -15%, rispetto allo stesso periodo del 2007.
Scenari Immobiliari, nel focus dedicato all’Italia dell’European Outlook 2009, afferma che nel nostro Paese il fatturato del mercato immobiliare si avvicina ai 128 miliardi di euro, con uno 0,9% in più rispetto allo scorso anno. Per quanto riguarda il mercato residenziale, dopo anni caratterizzati da una crescita ininterrotta, si prevede che per fine anno le transazioni eseguite toccheranno quota 700.000, con un calo, rispetto al 2007, del 13%. Sul fronte delle quotazioni, viceversa, si ipotizza un incremento medio del 2% anche se calano le quotazioni nelle grandi città; si riprende il comparto industriale e migliora il settore degli uffici; bene la grande distribuzione. Nel 2009 è atteso un incremento generale del fatturato dell’1,6%.
Secondo Tecnocasa prosegue il momento no del mercato immobiliare che, nel primo semestre 2008, ha visto scendere i prezzi delle case del 2,7% nelle grandi città, del 2,3% nei capoluoghi di provincia e dell’1,9% nei comuni dell’hinterland delle grandi città. Per aree geografiche il calo dei prezzi nel Centro è di -3,7%, nel Nord -1,9%, nel Sud -1,6%. Le realtà meno dinamiche si sono rivelate Genova (-4,5%), Firenze (-3,3%) e Bologna (-3%). Per la prima volta, dal 1997, variazioni negative a Torino e Palermo (-1,7% e -2,2%) e Milano e Roma a -2,2%. Fino ai primi mesi del 2009, ci sarà un periodo di assestamento. Secondo la rete di agenzie immobiliari a pesare sono la diminuzione della domanda, l’allungamento dei tempi di vendita, l’aumento dell’offerta e la presenza di un maggiore margine di trattativa per gli acquirenti. Gli elementi dell’immobile maggiormente apprezzati sono: la presenza del box o del posto auto, il posizionamento ai piani alti, la luminosità, la razionale disposizione degli ambienti, la presenza di spazi esterni, la qualità del contesto condominiale; sempre più importante il riscaldamento autonomo.
Una leggera ma generalizzata contrazione delle quotazioni nominali contraddistingue l’andamento del mercato immobiliare italiano nel I semestre 2008, secondo l’analisi svolta dall’Ufficio Studi Gabetti. Rimane netta la flessione del numero di compravendite, stimata intorno al 15% nel semestre a livello nazionale, con percentuali più alte nelle metropoli. Anche i tempi di vendita si sono ormai stabilizzati su livelli elevati, intorno ai 6 mesi. Le variazioni leggermente negative registrate nelle quotazioni immobiliari delle grandi città nel primo semestre del 2008 sono state nell’ordine del 2,7%. Le contrazioni maggiori si sono riscontrate a Torino (-6,3%); flessione decisa anche a Bologna (-4,2%) e Napoli (-4,1%); livelli più contenuti di contrazione dei valori si registrano a Milano (-1%) e a Roma (-2,4%), mentre l’unica città di grandi dimensioni a far registrare prezzi stabili è Cagliari. Da un’analisi generale si denota una diminuzione dei prezzi più sensibile nei capoluoghi di provincia (-3,4%) che nei piccoli Comuni (-2,5%), mentre a livello territoriale la flessione sembra essere omogenea fra Nord (-3,3%) e Sud (-3,2%), leggermente più marcata per il Centro (-3,8%). Un contributo al rallentamento delle transazioni è venuto anche dal maggior rigore delle politiche creditizie attuate da parte degli Istituti di credito, che hanno inciso negativamente sulla quota di domanda coperta da giovani coppie e stranieri. Di fatto, si riscontra una difficoltà oggettiva di una parte della domanda potenziale a tradursi in domanda effettiva. La dinamica degli scambi è stata penalizzata nella prima parte dell’anno sia dal ciclo elettorale che dal clima di incertezza economica. La media degli sconti che si possono spuntare in sede di chiusura della trattativa d’acquisto è del 15% sul prezzo inizialmente richiesto, percentuale destinata a salire nel caso delle soluzioni di taglio più ampio. Continua a diminuire la domanda d’investimento privata, per lo più circoscritta ai capoluoghi e ai quartieri universitari, mentre si registra un surplus di offerta di nuovo nell’hinterland di molte città. Le nuove case, l’85% delle quali si trova in Comuni non capoluogo, attraggono una domanda dai criteri particolarmente selettivi che nella decisione d’acquisto tiene conto della location, della funzionalità, dell’efficienza e del rapporto qualità-prezzo. I rischi attuali sono legati all’eccesso di offerta di nuovo, con la prossima immissione sul mercato di immobili progettati in un momento più favorevole, il prezzo dei quali oggi risente del costo di acquisto dei terreni, avvenuto in pieno boom immobiliare. Una parte dell’offerta è composta da immobili acquistati di recente, i proprietari dei quali, non riuscendo a sostenere le rate del mutuo, preferiscono la cessione del bene per orientarsi verso soluzioni di dimensioni più ridotte o sulla locazione. Nelle grandi città è evidente uno sbilanciamento dell’offerta immobiliare verso tagli medio-grandi rispetto alla domanda. In generale, si registra un’attenuarsi del fenomeno della provincializzazione e dell’attrazione esercitata dai mercati del primo e secondo hinterland rispetto alle periferie urbane. I più penalizzati sono i Comuni di prima fascia, più popolari e con quotazioni in linea con le periferie urbane, dal momento che chi esce dalle metropoli tende a cercare soluzioni indipendenti, di qualità, immerse nel verde e un buon rapporto qualità-prezzo.

giovedì 20 novembre 2008

DAI GIORNALI / Per 20mila appartamenti scattano le nuove rendite.

Lo studio è durato più di un anno. Ma adesso le lettere sono pronte a partire. Il mittente è l’Agenzia del Territorio (l’ex Catasto) che, entro l’anno, comunicherà ai proprietari del centro che la rendita catastale del loro appartamento, ma anche di uffici e negozi, dovrà cambiare.
Con un inevitabile aumento del prossimo bollettino Ici. Perché a essere ritoccate (soprattutto verso l’alto) saranno le categorie o le classi di 19mila immobili, quasi la metà dei 39mila passati in rassegna: case di via Montenapoleone considerate ancora senza bagno (“A5” in termini tecnici), che adesso potrebbero scomparire ad eccezione di vecchie soffitte, solai o cantine che nel tempo sono rimaste davvero tali o portinerie mai ristrutturate. Dimore “ signorili” (le A1), che pagano ancora l’imposta sulla prima casa e che, dopo decenni, vedranno ritoccato all’insù il loro totale: in tutta Milano erano ferme a quota 952, lo 0,12% delle abitazioni.
Dopo questa verifica generale compiuta in quattro zone, da Duomo a Pagano, da San Babila a Brera, diventeranno quasi 1.500. Per far collimare le due immagini della città: quella reale, in cui i prezzi sono arrivati a toccare 14mila euro al metro quadrato. E quella del catasto, ferma a mappe e mappali degli anni Cinquanta. Un’operazione di «equità», la definiscono da Palazzo Marino, che ha dato il via libera contando di incassare attraverso l’Ici 15 milioni in più da mettere nel prossimo bilancio dei sacrifici.
Sono anni che si attende questa revisione generale delle rendite catastali di intere zone. Anche se le associazioni dei proprietari come Assoedilizia hanno sempre avvertito: «Se andasse in porto, siamo pronti a fare ricorso». Ora, però, quel comma della Finanziaria del 2005 che rendeva possibile il “riclassamento”, si trasformerà in aumenti (ma sono possibili anche ritocchi verso il basso) concreti per i proprietari di case, negozi, uffici, fondi, garage. Per tutte le notifiche che partiranno entro dicembre, infatti, i risultati si vedranno già il prossimo giugno, al momento di versare la prima rata dell’Ici.
La legge verrà applicata in quattro delle 56 «microzone» in cui è suddivisa la città. Le più centrali: Scala, Manzoni, Vittorio Emanuele, San Babila; Brera, Duomo, Cordusio, Torino; Venezia, Majno Monforte; Pagano, Monti, Wagner. È qui che il rapporto tra il valore medio di mercato e quello catastale di ogni microzona si è discostato in modo significativo (una percentuale superiore al 35 per cento) dello stesso rapporto calcolato in tutta la città.
Le due immagini di Milano, insomma: quella scattata dalle agenzie immobiliari e quella disegnata dalle carte. Strade e palazzi con residenze da dieci stanze e terrazze panoramiche classificate come “ A3”, la tipologia economica in cui abita il 60 per cento dei milanesi e persino “A4”, le vecchie dimore “popolari”, o “A5”, ultrapopolari senza bagno. Studi e vetrine che hanno accresciuto il loro valore e prestigio senza variare la rendita. In tutto, sono stati fatte verifiche su quasi 40mila immobili. Di questi, per circa la metà, si potrebbe rivedere la categoria o la classe.
I tecnici dell’Agenzia del Territorio stanno terminando l’analisi del materiale raccolto, cercando di verificare nel modo più accurato possibile i dati. Ma che i numeri di unità coinvolte sia elevato tanto da raggiungere quota 19mila, si capisce dalla stima degli uffici comunali sul probabile incremento dell’incasso da mettere a bilancio: 15 milioni di euro in più. «Quella sulle entrate è soltanto una conseguenza — spiega però l’assessore all’Urbanistica Carlo Masseroli — di un’operazione di perequazione. In questo modo riportiamo i valori in media non soltanto tra il centro e la periferia, ma anche all’interno di una stessa area». Perché le differenze si possono trovare anche passando da un lato all’altro di una via e in un medesimo palazzo, tra negozi confinanti o vicini di pianerottolo.
Alessia Gallione
tratto da Repubblica.it, edizione Milano, del 18.11.2008

mercoledì 19 novembre 2008

DAI GIORNALI / Quale casa comprare con il proprio stipendio

ROMA - Via dalla metropoli: per acquistare una casa, a meno che non si possa far conto su un reddito alto, è meglio scegliere un piccolo o medio centro. Nelle grandi città per effetto dell'aumento dei tassi sui mutui e dell'incremento delle quotazioni immobiliari diventa sempre più difficile acquistare un'abitazione, nei centri di minori dimensioni la compravendita non è un miraggio ma, in molti casi, una realtà concreta.
Ad esempio, alla periferia di Roma con un mutuo di 85.000 euro si può acquistare solo una stanza di 24 metri quadrati, mentre a Ragusa la casa diventa di circa 90 metri quadrati. Con il medesimo finanziamento, il taglio della casa acquistabile a Parma diventa di una quarantina di metri quadrati che raddoppiano a Brindisi. Chi guadagna duemila euro al mese può sperare in un mutuo da 112 mila euro, ma anche in questo caso le differenze sono notevoli: appena 35 metri quadrati a Roma, Milano o Venezia; venti di più a Vicenza o Salerno, oltre cento metri in un capoluogo di provincia del Sud. Questo il risultato di un'indagine realizzata da "Scenari Immobiliari" per Repubblica che ha posto a confronto le rate di mutuo ottenibili dai potenziali acquirenti prendendo in considerazione il loro reddito e i metri quadrati acquistabili con il finanziamento immobiliare nelle periferie di tutti i capoluoghi di provincia.
Come regola generale, la rata del mutuo non dovrebbe superare un terzo del reddito netto mensile del mutuatario. Sono state ipotizzate quattro categorie reddituali per ottenere l'importo di un mutuo trentennale "sostenibile" a tasso fisso (6,15%). In concreto, con un reddito netto mensile di 1.500 euro la banca erogherà un mutuo di 85.000 euro con una rata mensile di 518 euro. Se il reddito sale a 2.000 euro, il mutuo risulterà più consistente: 112.000 euro e rata di 682. Con redditi netti di 2.500 e 3.200 euro si potranno ottenere finanziamenti rispettivamente di 138.000 e 175.000 euro.
Bisogna considerare che di rado il finanziamento copre il 100% del costo dell'abitazione. Con un mutuo di 138.000 euro aumenta, ovviamente, il taglio delle case che si possono acquistare. Ad esempio, a Milano si può ipotizzare un mini-appartamento di 42 metri quadrati. Se poi ci spostiamo ad Aosta, la casa guadagna una stanza. A Ravenna, il taglio dell'appartamento raddoppia, per triplicare ad Agrigento. "La mappa delle possibilità di investimento con diverse cifre di acquisto - spiega Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari non è solo lo specchio del mercato immobiliare, ma anche dell'economia del Paese. In fondo a questa classifica troviamo, infatti, molti capoluoghi del Sud".
La necessità di avere la disponibilità di una parte anche consistente del costo dell'immobile per rendere i metri quadrati acquistabili "abitabili" risulta evidente per le città a prezzi "salati". A Bolzano, dove i prezzi delle case risultano elevati a causa della scarsità dell'offerta, con 138.000 euro si acquista un mini-appartamento di 46 metri quadrati. E per un'abitazione di 58 metri quadrati, l'interessato dovrà avere anche una disponibilità liquida di 37.000 euro.
tratto da Repubblica.it del 18/11/2008

venerdì 14 novembre 2008

Il futuro ci sorride? Il Piano Strategico Metropoli Terra di Bari e gli approcci partecipativi alla costruzione delle scelte


Si è svolto lo scorso 29 luglio, presso il chiostro di Palazzo San Domenico, il forum urbano di presentazione, alla comunità gioiese, del piano strategico BA2015 Metropoli Terra di Bari, strumento di pianificazione territoriale di area vasta che coinvolge 31 comuni dell’hinterland barese, con la Città di Bari capofila del progetto. E’ una forma di governance a livello metropolitano, orientata alla pianificazione strategica del territorio. Intende definire gli scenari futuri del territorio, attraverso una pianificazione partecipata, a breve tempo (anno 2015) e a medio-lungo tempo (2035), per delineare strategie condivise e integrate per il futuro del territorio, partendo dal coinvolgimento dei suoi attori (i cd. stakeholders) e soprattutto dei cittadini delle comunità locali, con l’azione trasversale del parternariato pubblico-privato. Nell’ottica del coinvolgimento delle comunità locali, il tour dello staff del piano strategico, ha illustrato, ad una platea prettamente di “addetti ai lavori”, politici, tecnici e giornalisti, e della cittadinanza “attiva”, rappresentata da pensionati e da lavoratori in età avanzata, forse “incapaci di pensare ad un futuro che non gli apparterrà”, la vision del futuro dell’area metropolitana. I teenagers, i ventenni, i trentenni e i quarantenni non hanno percepito l’importanza di pensare, come vorrebbero che fosse, il loro territorio al 2015 o addirittura al 2035. Come tutti sappiamo, “per vincere una guerra (strategia) si può anche perdere una battaglia o ordinare una ritirata” (Salzano, 2005). La mission è quella di raggiungere un futuro sostenibile, migliore per tutti. Si parla di guerra vera e propria, se pensiamo che i finanziamenti europei, unico “fine ultimo”, per cui si sceglie questo strumento di pianificazione volontaria, sono una risorsa scarsa, ma, al tempo stesso, contesa da tante realtà metropolitane. Se poi, nel contesto nazionale, si tenta di “scippare”, alla Terra di Bari, la sua caratteristica di area metropolitana, per volere del ministro “leghista” Calderoli, allora si comprende che gli interessi in ballo sono veramente tanti.
La “volontà politica” gioiese è quella di puntare sulla vocazione dell’area industriale (centro intermodale), di intervenire sul settore agroalimentare, di unificare le procedure amministrative, di avviare dei “punti sport”, di creare un nuovo scenario economico-sociale, di recuperare il centro storico, i borghi rurali e le botteghe artigiane. In definitiva, si dovrebbe realizzare una crescita (sarebbe meglio parlare di sviluppo, ndr) omogenea e armonica.
Ma questo “libro dei sogni” avrà una concreta possibilità di concretizzarsi e di raggiungere il “fine ultimo”?
Probabilmente un piano strategico è tale se non vi è centralizzazione dell’autorità, se le decisioni non vengono imposte, se qualunque strategia si basa sul consenso ampio e di lunga durata, su un agire comunicativo e sulla dimensione relazionale, per realizzare una pianificazione collaborativa e partecipata. Quindi la partecipazione della gente è importante, se non proprio fondamentale. Ma, almeno a Gioia, la partecipazione viene ritenuta di second’ordine e le scelte vengono decise nella “stanza dei bottoni”. Esempio eclatante è stato constatare che, durante il forum gioiese, il “tavolo di benvenuto” metteva in mostra delle cartoline con scritto “Caro Sindaco nel 2015 vorrei che la mia città ...” e delle matite griffate BA2015, con cui scrivere i propri desideri, spuntate e senza temperino per appuntirle! Perché si sono scelte le matite “cancellabili” e non delle affidabili penne a sfera, sarebbe una domanda da diffidenti ad oltranza. Capire poi a quale buca delle lettere imbucarle, sarebbe stato quantomeno interessante per stabilire la necessità del francobollo. Ma, oltre a questi “dettagli”, notare il Sindaco che scruta la cartellina della conferenza e vi trova dentro la cartolina a lui indirizzata, di cui, prima di quel momento, ne ignorava completamente l’esistenza, ha fatto capire quanto quel processo di piano partecipato avrà veramente peso nella costruzione delle scelte.
La visione, verso cui il territorio di Terra di Bari deve andare, non può essere scelta esclusiva degli amministratori della cosa pubblica. Il rischio è semplice, quanto scontato: la collettività non la condividerà.
Cosa è possibile fare, per evitare che questa battaglia non sia persa in partenza? Semplicemente, bisogna incrementare le occasioni di confronto fra i soggetti pubblici e la cittadinanza sulle varie tematiche di interesse. Quindi, è necessario coinvolgere i reali fruitori del futuro al 2015 e al 2035, con una serie di approcci partecipativi dal basso, dove le scelte non devono dare il sentore di essere “precostituite”.Solo così avremo una metropoli, proiettata verso il Mediterraneo, policentrica e sostenibile che integra città, paesaggio rurale e costiero; una rete di città coesa, creativa, attrattiva; un’unione di comuni efficiente, partecipata e trasparente, nella quale introdurre i tempi della progettazione, programmazione e internazionalizzazione.
Nunzio Loporcaro

pubblicato sul periodico locale La Piazza, n. 5, settembre-ottobre 2008

giovedì 13 novembre 2008

Prioritaria una connessione stradale Gioia del Colle-Matera. Indispensabile alla realizzazione del polo logistico gioiese.



Il Sud Italia sconta, ancora oggi, un deficit infrastrutturale notevole. Il nostro territorio, baricentro geografico tra le province di Bari, Taranto e Matera, ha l’opportunità di procurarsi nuove occasioni di crescita e sviluppo, se saprà sfruttare al meglio le proprie risorse. E’ necessario attenuare il modello centripeto del capoluogo regionale pugliese che costituisce, di fatto, una vasta area metropolitana, i cui confini diventano sempre meno marcati, e rafforzare i tracciati trasversali per Taranto e Matera, che sarebbero in grado di penetrare maggiormente nell’entroterra e, quindi, capaci di costituire delle dinamiche reti territoriali e locali. Queste nuove vie di sviluppo consentirebbero di supportare in modo differente le funzioni urbane di un sistema insediativo policentrico, complesso interagire di attività, spazi e relazioni. In questo spazio dilatato, frammentato e disperso, dello sprawl moderno, è indispensabile riconnettere i luoghi notevoli della socialità, dell’economia, dell’abitare, tramite una rete ambientale ed una rete infrastrutturale. Nel complesso di infrastrutture, oltre alla viabilità stradale, trovano collocazione i nodi specializzati ovvero spazi attrezzati per le attività produttive. La realtà locale ci parla di un porto di Bari da rendere monofunzionale al trasporto passeggeri in sinergia con il nuovo aeroporto di Palese, di un porto di Taranto, secondo in Italia per il trasporto merci, e di un distretto del salotto, individuabile nelle città di Santeramo, Altamura e Matera, in profonda crisi per i fenomeni della globalizzazione, da reindustrializzare e riconvertire. Questa visione territoriale vede Gioia del Colle posizionarsi in una prospettiva virtuosa di sviluppo. Quando si parla di polo logistico, a Gioia del Colle, si parla di un possibile nodo di questa rete infrastrutturale. Nei nodi convergono le aste e, tra queste, maggiore attenzione merita, attualmente, la Gioia del Colle-Matera che è stata abbandonata al suo destino per troppo tempo, forse privilegiando la realtà metropolitana della Terra di Bari che deve ancora germogliare, se riuscirà a cogliere appieno le opportunità dei fondi strutturali, legati ai piani strategici. Vi è poi da considerare l’opportunità, in chiave turistica, di un collegamento viario principale, una sorta di “percorso narrante”, tra Matera e Gioia del Colle, ovvero tra la città dei sassi, patrimonio Unesco, e la città degli scavi di Monte Sannace e del castello federiciano. Si aggiunga poi la possibilità di inserire la nostra città in un consorzio intercomunale ASI dell’alta murgia, a sostegno e sviluppo delle attività produttive, con evidenti ricadute occupazionali.
Per tutte queste ragioni la nostra amministrazione, dovrebbe adoperarsi, insieme all’amministrazione della città lucana, per la realizzazione di questa importante connessione stradale. Il territorio della Regione Basilicata avrebbe accesso privilegiato in Puglia, proprio attraverso Gioia del Colle e la sua rete plurimodale ferro-gomma. Allora la presenza del centro logistico intermodale sarebbe giustificata e auspicata a livello sovracomunale, ad ulteriore compensazione dei maggiori traffici veicolari che si andrebbero a sviluppare. Altrimenti assisteremo ai cosiddetti “bus navetta”, recentemente istituiti, che collegano Matera all’aeroporto di Bari-Palese, con tre corse giornaliere, che cercano di alleviare questo gap di collegamenti e di bypassare il nostro territorio, naturale via di passaggio, svilendone le sue ricchezze intrinseche alla fortunata collocazione geografica.
Nunzio Loporcaro

pubblicato sul periodico locale La Piazza, n. 4, luglio-agosto 2008
www.la-piazza.it/giornale.html


mercoledì 12 novembre 2008

C’è da parcheggiare una macchina. Dai “grandi numeri” ad un “piatto di lenticchie”.



Il problema del traffico stradale della nostra città si confronta con il conciliare la domanda di mobilità al tessuto urbano morfogeneticamente “antico”, per dotazione di infrastrutture viarie.
Gli obbiettivi del vigente Piano Generale del Traffico Urbano (P.G.T.U.) erano e restano legati al miglioramento della mobilità pedonale e del trasporto pubblico nonché alla riorganizzazione dei movimenti veicolari e della loro sosta.
Le azioni messe in atto dalle passate Amministrazioni Comunali, per la sosta dei veicoli, erano dai “grandi numeri”: realizzazione su tre distinti contesti di impianti plurilivello prefabbricati elevati/interrati per piazza Plebiscito (72 stalli), via Noci (135), via Putignano (195) ad un costo complessivo valutato, nel commissionato e pagato studio di fattibilità, in € 1.838.760,00; successivo “ridimensionamento” ai siti di piazza Plebiscito e via Noci per un totale di 207 stalli nonché ulteriori 619 posti a raso, da assoggettare al pagamento di un ticket di € 0,70 ad ora, per un introito per le casse comunali di almeno € 130.000,00 annue, corrisposto dalla società esterna aggiudicataria; eventuale servizio gratuito di trasporto, con bus navetta, da via Noci a piazza Plebiscito, per integrare il servizio di sosta in aree periferiche con il sistema di mobilità cittadino.
Nel passaggio dall’amministrazione Povia alla gestione Mastrovito, le grandi opere sono abbandonate e viene approvato uno schema di convenzione per la gestione dei parcheggi a pagamento che prevede una tariffa massima di € 0,60 ad ora e un numero di stalli blu pari a 396 circa. Per la prima annualità il servizio avrà carattere di sperimentazione graduale, di cui, i primi sei mesi, ad estensione parziale. Arriviamo al 26 marzo 2007 quanto il servizio, di sosta a pagamento, viene fatto partire, dopo l’aggiudicazione della concessione, per nove anni, per 592 posti auto circa (un buon 50% in più!), alla Vigeura s.r.l. di Parabita (Lecce). Leggendo la convenzione, in particolare l’art. 2 (norma transitoria), si desume che, dopo il periodo di sperimentazione, l’Amministrazione avrebbe dovuto provvedere ad individuare definitivamente i parcheggi a pagamento, riservandosi la facoltà di aumentare le aree in concessione. Il canone da introitare per il civico Ente venne determinato nel 40% degli incassi annui ottenuti dai parcometri, con un minimo garantito di € 42.000,00 (meno 60% di quanto previsto alcuni anni prima!). Il Comune avrebbe poi incassato i proventi delle elevate sanzioni amministrative, corrispondendone al concessionario il 45%, il quale avrebbe curato anche la predisposizione dei verbali di infrazione con una postazione di lavoro presso gli uffici comunali (esiste?). Altre “chicche” dovevano essere l’informatizzazione delle sanzioni rilevate attraverso palmari, la possibilità di generare tessere speciali per i residenti, per l’applicazione di tariffe speciali, nonché la gestione dei diritti pubblicitari sui biglietti di parcheggio, sui parcometri e persino “su tutte le altre zone concordate con l’amministrazione comunale con impegno a dare precedenza alle ditte locali”. L’importo contrattuale stimato è di € 210.000,00 annui.
Ma venendo ai giorni nostri, dobbiamo fare i conti in cassa. Ci viene in aiuto la deliberazione del Commissario Straordinario (n. 44 del 20.12.2007) che, atteso che il servizio non è coinciso con l’inizio dell’anno né ha interessato le aree complessivamente individuate, ha abbassato il canone dovuto, per il primo anno, dal concessionario, a soli € 9.000,00 (uno scarso 7% di quanto ipotizzato appena nel 2003!). E cosa possiamo fare con questi novemila euro? Secondo la delibera saranno destinati all’installazione, costruzione e gestione dei parcheggi in superficie, sopraelevati o sotterranei e al loro miglioramento e le somme eventualmente eccedenti (?) ad interventi per migliorare la mobilità urbana. Insomma con novemila euro si possono fare grandi cose. Infatti, con deliberazione (n. 52 del 27.2.2008) i novemila euro vengono destinati all’esproprio di aree, di proprietà privata, per pubblica utilità, e alla successiva sistemazione a parcheggi attrezzati. Sembra evidente che con quella somma non è possibile nemmeno espropriare un terreno di piccola estensione, pagandolo per il suo valore agricolo. E allora, per non scoraggiarci, la delibera ci informa che sul territorio sono presenti aree pertinenziali di esercizi commerciali, con specifica destinazione di sosta ad uso pubblico.
Quindi se i parcheggi a pagamento “non rendono” perchè vengono mantenuti considerando anche le inadempienze contrattuali dell’aggiudicatario? Non si può passare ad una sosta a rotazione (disco orario), controllandone il rispetto e sanzionando gli abusi, per l’anello del centro storico? Non era più semplice, pensare a delle forme di finanza di progetto (cd. project-financing), come fatto per la piscina comunale, che avrebbero permesso alla nostra cittadina di avere fin da subito degli autosili, e che, dopo il periodo di concessione in gestione, sarebbero comunque divenuti di proprietà comunale?
Nunzio Loporcaro
pubblicato sul periodico locale La Piazza, n. 3, maggio-giugno 2008

Greenways per una città vivibile. Occasioni di tutela, valorizzazione, coscienza/conoscenza per l’ambiente rurale ma anche urbano.

Gioia del Colle è una città vivibile? La risposta richiede una serie di valutazioni, una molteplicità di fattori. Difficile è definire il concetto di “qualità della vita”: in esso rientrano aspetti materiali e immateriali del benessere, componenti oggettive e soggettive, individuali e collettive, cognitive ed emozionali. A ciò si aggiunge una segmentazione dei bisogni, delle aspettative e delle incertezze delle persone, caratterizzate da valori, profili sociali e stili di vita difficilmente riconducibili a una idea unica di benessere.
Si parla spesso di ambiente come risorsa da tutelare e valorizzare. Non si cerca di costruire una coscienza/conoscenza che permetta all’individuo di identificare e di riappropriarsi della risorsa ambientale.
Occasione propizia viene data dalla legge finanziaria che, nei meandri dei commi, ai numeri 342 e 343, attraverso un fondo di 2 milioni di euro per il 2008, avvia un programma di valorizzazione e recupero delle strade ferrate dismesse, individuandone dodici, in tutto il territorio nazionale, tra cui la Gioia del Colle-Palagianello. Questa tratta, in esercizio dal 1868, lunga 28 chilometri, è stata dismessa nel 1997, a seguito di variante di tracciato della linea Bari-Taranto. Questo nastro ferrato è destinato a diventare una greenway ovvero un percorso dedicato alla circolazione non motorizzata, in grado di connettere le popolazioni con le risorse del territorio (naturali, agricole, paesaggistiche, storico-culturali) e con i “centri di vita” (città consolidata, borgate rurali). Questa striscia verde sarà strutturata come un parco lineare che potrà rappresentare una risposta qualitativa alla domanda di “mobilità lenta” sistematica, cioè connessa alla necessità di soddisfare bisogni primari, quali gli spostamenti casa-lavoro, o non sistematica, cioè legata allo svago e al tempo libero. Le greenways, se connesse tra loro e tali da formare una rete di itinerari, diffusi sul territorio, potrebbero favorire il miglioramento del rapporto esistente tra reti infrastrutturali, per il traffico motorizzato, e reti ecologiche, finalizzate alla conservazione delle biodiversità. Il recupero delle aree ferroviarie dismesse va a qualificare il paesaggio rimasto senza significato. Valore aggiunto è senz’altro considerare la presenza di gallerie, ponti, caselli che si incontrano in questo tipo di percorsi, frutto dell’azione antropica, dai particolari architettonici notevoli (archi, muri si sostegno, caditoie, apparecchiature murarie).
Ma se è possibile realizzare percorsi che conducano gli utenti lenti, quali i pedoni, i ciclisti e gli escursionisti, fuori dai centri abitati, verso le campagne, può essere altresì possibile ritagliare, nella città, dei percorsi ciclo-pedonali senza interferenze con quelli veicolari? Certamente questo è possibile e concorre ad elevare la qualità della vita dei cittadini. Allora, perchè non pensare di creare una connessione tra la greenway extraurbana Gioia-Palagianello e una rete in ambiente urbano a differenti scale (di scorrimento, di quartiere, di interquartiere) siano esse ciclopedonali o dedicate solamente ai pedoni o solamente ai ciclisti. Ad esempio si potrebbe attingere dall’apposito fondo nazionale per la mobilità ciclistica. Si potrebbero anche applicare le leggi esistenti in materia che rendono obbligatorio progettare le piste ciclabili, adiacenti alle strade di nuova costruzione. E’ anche possibile pensare di riqualificare gli spazi stradali esistenti, mediante la loro pedonalizzazione, le zone a traffico limitato e le strade a priorità pedonale. Esempi possibili sono i woonerf olandesi che creano uno spazio urbano a misura dell’uomo, con l’inserimento di spazi gioco per i bambini, dossi per rallentare il traffico e la riorganizzazione degli spazi di sosta. E allora, perchè l’espansione urbana (lottizzazioni edilizie) con la conseguente espansione viaria non ha portato in dote una rete di piste ciclabili e pedonali?
Nunzio Loporcaro

pubblicato sul periodico locale La Piazza, n. 2, marzo-aprile 2008
www.la-piazza.it/giornale.html
linea ferroviaria Bari-Taranto (doppio binario)
e adiacente nastro ferrato dismesso (singolo binario)




martedì 11 novembre 2008

La Gioia di periferia. Considerazioni sulla periferia gioiese e le sue prospettive di riqualificazione.


La nostra città ha attuato, negli anni ottanta, un Piano di Zona (P.d.Z.) per l’edilizia economica e popolare, la cosiddetta zona 167. Un Piano approvato anche dalla Regione e con validità temporale di venti anni fin dal lontano 20.12.1976. Dopo le espropriazioni, le aree comprese dal P.d.Z., furono assegnate allo I.A.C.P. e alle cooperative edilizie.

Il suo sviluppo urbanistico, però, è stato irrazionale e sconsiderato. Più che integrare, di fatto, ha emarginato. Scelte di localizzazione improvvide e soluzioni progettuali poco attente agli effetti che avrebbero indotto, hanno alterato le vocazioni di contesto e del paesaggio, rendendolo semplice episodio insediativo.

A conferma del fallimento della politica abitativa rivolta al sociale, la Giunta Comunale, con delibera n. 109 del 31.3.1999, ha individuato e perimetrato una ulteriore area di intervento, a ridosso della ex S.S.100, nella quale avviare un Programma di Recupero Urbano (PRU), inglobandovi anche la zona 167, al fine di effettuare interventi nel settore abitativo e riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale. Un programma complesso, di nuova generazione, che è rimasto comunque sulla carta, per via di contenziosi giudiziari per l’aggiudicazione degli interventi e la latente volontà politica di rallentare questo processo di edilizia sociale convenzionata-agevolata, per favorire l’edilizia residenziale realizzata da soggetti privati.

Da allora si è solamente provveduto a delimitare le aree e ad apporre i cartelli con l’indicazione di appartamenti in vendita. Il Sindaco, nell’incontro sullo sviluppo urbanistico “solidale”, tenutosi il 22 marzo 2007 nella Sala De Deo, parlava di “servizi minimi essenziali di quartiere: spazio di aggregazione giovani, una superficie minima di verde di circa un ettaro, una piazza attrezzata per momenti di socializzazione e aggregazione, un campetto di calcio o struttura attrezzata sportiva di quartiere”. L’assessore regionale Barbanente, invitata a partecipare all’incontro, parlava di “Piani Integrati di Riqualificazione delle Periferie (P.I.R.P.) come strumento di riqualificazione partecipata ed eco-sostenibile di quartieri in condizioni di degrado fisico e disagio sociale”. Un progetto a cui l’Amministrazione Comunale sembrava avesse aderito fin dal lontano 2006, con delibera di Giunta Comunale n. 141 del 10 agosto, in cui manifestava l’interesse a partecipare al bando di gara per poter accedere ai finanziamenti, pari a 3 milioni di euro. Una adesione con un impegno di spesa, però, di soli 1.000 euro per finanziare le articolate e complesse attività connesse alla preparazione della documentazione da allegare alla domanda di finanziamento. Non se ne è fatto più nulla, nemmeno la selezione del professionista, in quanto il Dirigente dell’Ufficio Tecnico, seppur incaricato, non ha predisposto il bando di gara, nonostante l’Amministrazione avesse tempo per parteciparvi fino al 3.4.2007. Scadenza prorogata, dalla Barbanente e su richiesta fatta in quell’incontro dal sindaco Mastrovito fino al 15.5.2007. Una richiesta ritenuta dai tecnici presenti, inutile quanto incomprensibile, proprio perchè il sindaco sapeva di non aver fatto nulla, a parte quella delibera, e nonostante fosse a conoscenza sia delle procedure che delle scadenze, dal lontano 29.6.2006, data di pubblicazione del bando sul Bollettino Regionale. Un Bando a cui hanno partecipato 122 comuni pugliesi, di cui ben 29 nella provincia di Bari. Gioia era assente. Forse perchè presupposto fondamentale dei P.I.R.P. era la partecipazione attiva degli abitanti, finalizzata a garantire interventi che rispondessero ai loro bisogni, desideri e aspettative? Una riqualificazione urbanistica, e 3 milioni di euro di finanziamento regionale, persi per l’incapacità di coinvolgere i cittadini nel ridisegno dei loro spazi di vita.


Nunzio Loporcaro

pubblicato sul periodico locale La Piazza, n. 1, gennaio-febbraio 2008

Cerca nel blog