Per costruire città sostenibili occorre anzitutto recuperare le periferie più brutte ascoltando le esigenze di chi ci vive. E' questa la tesi dell'architetto e urbanista belga Lucien Kroll, uno dei grandi maestri dell'architettura sostenibile internazionale, e da sempre avversario dei suoi colleghi razionalisti e modernisti. "Gli architetti della mia generazione - ha detto - hanno cercato di uccidere ogni sentimento ed emozione. Questo è criminale, un suicidio dell'architettura".
L'emergenza sociale, ha detto l'ultraottantenne Kroll in occasione del convegno internazionale 'A sustainable beauty - high green tech symposium 2010' che si è tenuto oggi alla Triennale di Milano, nasce dalle brutte periferie, dai casermoni dei quartieri dormitorio "imposti dall'alto" ai loro abitanti che rischiano di diventare focolai di violenza. Da qui l'esigenza di puntare sull'architettura partecipata: "Bisogna fare dozzine di riunioni, ascoltare a fondo le persone. E' questo che determina il cambiamento".
L'architettura di Kroll è plasmata sullo "spirito" dei luoghi e sulle esigenze di chi li abita. Niente pareti squadrate, ma strutture irregolari, a tratti quasi incompiute. Spesso il risultato del riuso di edifici considerati irrecuperabili. "E' possibile farlo quasi sempre, talvolta costa di più, ma si ottengono risultati migliori". Quanto agli "ecomostri" costruiti negli anni anche in Italia, per i quali spesso viene invocato l'abbattimento, l'architetto di Lovanio rifiuta anzitutto la definizione: "è un ossimoro - ha concluso - perché le parole ecologia e mostro sono in contraddizione".
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