sabato 5 febbraio 2011

PUNTA PEROTTI / Le imprese: Tenetevi il parco


Martedì prossimo il Comune avrebbe voluto restituire loro le aree di Punta Perotti. Ma i costruttori hanno detto «no»: ci è stato confiscato un suolo edificabile con dei palazzi, volete ridarci un parco pubblico. E quindi, con tre fax identici giunti ieri al sindaco, alla ripartizione Patrimonio e al dipartimento Affari giuridici di Palazzo Chigi, le imprese Mabar, Sud Fondi e Matarrese dichiarano che l’invito non può essere accolto. Almeno per ora. È una mossa prevedibile in virtù del procedimento in corso a Strasburgo, ma che non aiuta certo a sbrogliare la matassa.

Attenzione: questa mossa non significa che le imprese stanno definitivamente rinunciando a riprendersi i suoli. L’ordinanza del giudice Antonio Lovecchio, infatti, è ormai definitiva, quindi la proprietà è senza ombra di dubbio degli imprenditori Matarrese, Quistelli e Andidero. In ballo qui c’è il possesso dell’area: che, stando così le cose, per ora resterà nelle mani del Comune. Le imprese dicono infatti di non essere interessate a farsi carico di un parco pubblico attrezzato, di cui dovrebbero curare manutenzione e custodia. «Persino per essere autorizzata a realizzare mere opere di recinzione», servirebbe un ok da parte del Comune.

Questa reimmissione in possesso, secondo i costruttori, non è la restitutio in integrum (nemmeno per i soli suoli) che anche la Cassazione ha ritenuto l’unica alternativa all’indennizzo a seguito di una confisca avvenuta in assenza di reato. Se è ovvio che le imprese non potranno mai riavere i suoli con i tre palazzi che c’erano il 17 marzo 1997, quando Punta Perotti fu sottoposta a sequestro preventivo da parte del Tribunale di Bari, oggi i proprietari lamentano di non poter riavere nemmeno un semplice suolo edificabile: questo proprio perché c’è il parco.

Ne consegue che i proprietari preferiscano puntare al risarcimento economico, il cui ammontare dovrà a breve essere stabilito dalla corte di Strasburgo. Oltretutto, secondo le imprese, la tempistica è sospetta: «Questa offerta (la restituzione, ndr) appare, per tempi e modalità, chiaramente strumentale ad evitare, o quantomeno condizionare o rinviare, la imminente determinazione da parte della Corte Europea del risarcimento del danno materiale subito dalla società, al termine di una procedura durata molti anni nel corso della quale mai nessuna offerta di restituzione e di risarcimento del danno era stata avanzata né dal Comune, né dallo Stato alla società stessa». Insomma: potevate pensarci prima. Il segnale lanciato sul punto del risarcimento sembra chiaro. Così come la lettera pare contenerne un altro: la restituzione del possesso potrà essere accettata - comunque dopo la pronuncia della Cedu - se il Comune smantellerà il parco. Azione che, però, l’amministrazione non intraprende per motivi di cautela contabile: per attrezzare il «Parco della legalità» voluto da Emiliano sono stati spesi 2 milioni di euro, ed un’eventuale demolizione potrebbe finire nel mirino della Corte dei conti.

Intanto a Strasburgo, l’altro giorno, il governo ha fatto propria la proposta transattiva del Comune di Bari: stop al contenzioso sulla proprietà delle aree, e risarcimento sottoforma di altri suoli edificabili. Una strada che però resta sulla carta, dal momento che i costruttori continuano a dire di non essere mai stati interpellati. La Cedu non si esprimerà a breve sull’ammontare del risarcimento: prima dovrà essere verificata l’impossibilità di arrivare a un accordo tra le parti. Gli imprenditori, come noto, per la confisca illegittima chiedono un risarcimento di 300 milioni di euro. Ma il Comune teme che non finirà lì: una volta chiusa la partita europea, con l’ultima ordinanza del giudice Lovecchio i costruttori potrebbero attivare un procedimento civile per chiedere anche i danni conseguenti all’abbattimento dei palazzi.

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